Con l’avv. Marco Bona e altri esperti e giuristi abbiamo partecipato ad un incontro, lo scorso luglio, con il Sottosegretario al Ministero dello Sviluppo Economico e il suo staff sotto l’ombrello delll’Associazione Familiari Vittime della Strada per cercare di mitigare i rischi dell’emanazione di una tabella sulle lesioni gravi fortemente penalizzante rispetto ai valori previsti dal Tribunale di Milano. Su questo tema ritorneremo.
Su Altalex è apparso un articolo dove l’avv. Bona stigmatizza la riforma forense affermando, in buona sintesi, che la vera concorrenza con gli studi di infortunistica ci sarebbe con una avvocatura competitiva e non con l’introduzione di una riserva sull’attività stragiudiziale che, per come è stata formulata, di fatto non c’è.
Condividiamo inoltre pienamente le osservazioni sulle associazioni dei Consumatori.
Altalex Riforma forense: under 50 penalizzati da logiche logore, vessatorie e masochistiche
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2) Art. 2 («Disciplina della professione di avvocato»)
Per i “comuni mortali” l’accesso all’albo degli avvocati è stato reso ulteriormente un calvario[7]; però la “riforma” si guarda bene dall’eliminare vecchi privilegi, quale quello concesso ai “professori universitari di ruolo, dopo cinque anni di insegnamento di materie giuridiche” che possono iscriversi senza sostenere l’esame di accesso e senza magari essersi mai spellati le mani sui fascicoli.
Soprattutto, nonostante i vari proclami e sebbene alcuni commentatori esaltino il punto (chiaramente illudendosi), in concreto non viene in alcun modo garantita agli avvocati l’esclusività delle attività non giudiziali (quindi alcun risultato è stato conseguito a questo riguardo).
Infatti:
- il testo finale della “riforma”[8] si limita laconicamente ad affermare che “l’attività professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all’attività giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato, è di competenza degli avvocati”; orbene, per questa via non si sancisce chiaramente l’esclusività e, quindi, non si ha alcuna preclusione di natura normativa opponibile ai concorrenti dell’Avvocatura, sempre più numerosi ed organizzati; e poi chi farebbe rispettare questa supposta e labile “riserva” di attività? Siamo dinanzi al solito “specchietto per le allodole”: tanto fumo, poco arrosto; peraltro, non dovremmo scordarci dei diversi interventi – tra l’altro condivisibili in diritto – preclusivi di interpretazioni estensive di tale disposizione ed anzi tali da renderla costituzionalmente illegittima[9];
- in contraddizione con il principio dell’indipendenza, “È comunque consentita l’instaurazione di rapporti di lavoro subordinato …, aventi ad oggetto la consulenza e l’assistenza legale stragiudiziale, nell’esclusivo interesse del datore di lavoro … Se il destinatario delle predette attività è costituito in forma di società, tali attività possono essere altresì svolte in favore dell’eventuale società controllante, controllata o collegata, ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile”;
- salvo è poi il super-potere concesso alle associazioni dei consumatori, i cui esponenti (spesso dei colleghi), godendo peraltro di ingenti (e spesso immeritati) sovvenzionamenti pubblici, possono permettersi di tutto (in primis attività promozionali in televisione, sulle radio, su giornali), tutto ciò a discapito di quegli avvocati che si astengono dall’operare sotto le mentite spoglie di associazioni ed enti esponenziali.
In breve, rimangono dinanzi a noi, armati come prima, tutti i nostri concorrenti (società di infortunistica, “tribunali” dei pazienti, dei vacanzieri e di altri soggetti, società di recupero credito, società di supporto “tecnico” alle assicurazioni, alle banche ed alle imprese, associazioni dei consumatori variamente denominate, organismi dediti al volontariato, organismi di mediazione e conciliativi, camere di commercio, carrozzieri, ecc.), con la differenza che questa “riforma” ci priva di tutta una serie di strumenti per resistere alla concorrenza e competere sul mercato, oltre vessarci ulteriormente sotto plurimi profili. Verrebbe da osservare come occorra davvero una certa qual propensione al masochismo per elogiarla.
Chiariamoci poi su un punto: è del tutto illusorio pensare che oggi, stando al quadro normativo europeo che liberalizza la maggior parte dei servizi professionali e la stessa posizione assunta dalla Corte costituzionale e dalla Cassazione nostrane nel passato[10], sia giuridicamente e concretamente possibile precludere ai cittadini di rivolgersi a persone e società che operano ormai da diversi decenni[11] e arrivano a loro molto più agevolmente di noi avvocati, tra l’altro presentandosi con accordi economici decisamente più convincenti. Invece di pensare ad introdurre riserve del tutto illusorie ed inattuabili (comunque fuori da ogni realtà praticabile), i lungimiranti “riformatori” della professione forense avrebbero dovuto dotarci di tutti gli strumenti del caso per poter concorrere, per promuovere la tutela dei diritti delle persone al pari dei nostri concorrenti. Insomma: nulla avrà a mutare nella sostanza e continueremo a trovarci costretti a scendere a patti e compromessi con i nostri concorrenti, essendo pure da segnalarsi come diversi colleghi già siano stati soggiogati dagli stessi.
Dunque altro che nuove opportunità di lavoro, essendoci viceversa impedito di andarle a ricercare, di promuovere adeguatamente ed attivamente i nostri servizi e le nostre qualità, di fare ricorso ai modelli contrattuali che i nostri concorrenti sono bravissimi ad impiegare.
Una semplicissima domanda: in quale realtà vivono i “riformatori” dell’Avvocatura?
Evidentemente qualcuno non ha ben afferrato che i privilegi del passato e quelli che si vorrebbe vedere affermati non conducono più da nessuna parte, soprattutto di questi tempi: tentare di rivitalizzarli è soltanto una battaglia di retroguardia, persa in partenza, della quale al massimo possono godere le generazioni più attempate. Ad insistere su politiche volte a preservare od istituire privilegi stiamo solo perdendo tempo prezioso, ciò a tutto vantaggio dei nostri concorrenti (peraltro spalleggiati da soggetti come, per esempio, ABI, ANIA, Confindustria, Confcommercio, Confagricoltura, Confartigianato, Confcooperative, Associazione Generale Cooperative Italiane, nonché da AGCM).
Dovremmo invece organizzarci per concorrere sul mercato senza temere confronti di sorta.
Ed invero, a questo riguardo, non si è neppure compreso da parte dei nostri rappresentanti come molti di noi (quelli formatisi nell’era degli studi legali fattisi autentiche realtà imprenditoriali[12]) saremmo perfettamente in grado di concorrere, se solo fossimo dotati di tutti gli strumenti del caso.
Noi delle nuove generazioni non abbiamo bisogno di privilegi (comunque inaffidabili e destinati a sicure censure), ma necessitiamo di poter giocare – fermo restando il rispetto del decoro professionale (tuttavia modernamente inteso) – la partita in corso.
A non voler ragionare in termini di concorrenza favoriamo semplicemente i nostri concorrenti.
Ho sopra rilevato che il comma 6 dell’art. 2 della «Nuova disciplina dell’ordinamento della professione forense» («Fuori dei casi in cui ricorrono competenze espressamente individuate relative a specifici settori del diritto e che sono previste dalla legge per gli esercenti altre professioni regolamentate, l’attività professionale di consulenza legale e di assistenza legale stragiudiziale, ove connessa all’attività giurisdizionale, se svolta in modo continuativo, sistematico e organizzato, è di competenza degli avvocati») non mi sembra norma destinata a conseguire particolari ribaltamenti di prospettiva.
Il punto va ulteriormente argomentato in diritto.
Questa norma è invero lungi dal potersi interpretare nel senso di garantire agli avvocati una riserva illimitata sulle attività non giudiziali.
In primo luogo deve evidenziarsi la differenza corrente, a livello terminologico, tra il comma 6 (che stabilisce la “competenza” degli avvocati relativamente alla consulenza legale e di assistenza stragiudiziale, senza peraltro associare l’aggettivo “esclusiva”) ed il comma 5, ove invece le attività giudiziali sono qualificate come “esclusive” dell’avvocato.
In secondo luogo – nondimeno questo è il punto più rilevante – va segnalata, in seno al comma 6, la presenza dell’inciso, decisamente ambiguo e comunque fonte di significative incertezze, per cui la “competenza” dell’avvocato relativamente all’attività di consulenza legale e di assistenza stragiudiziale opera soltanto “ove connessa all’attività giurisdizionale”.
Questo inciso assume senz’altro rilievo centrale, poiché indubbiamente va interpretato nel senso di limitare, in qualche modo, la portata della predetta “competenza” assegnata dalla norma agli avvocati, dovendosi, ad inconfutabile conferma di ciò, considerare, in applicazione dell’art. 12 delle preleggi, come la disposizione in commento, introdotta con un emendamento alla Camera dei Deputati, sia nettamente diversa dalla previsione contenuta nel precedente testo (cfr. Ddl 23 novembre 2010, n. 1198-A) approvato dal Senato in prima lettura, che riservava agli avvocati in via generale l’intero settore stragiudiziale, indipendentemente dalla connessione con l’attività giurisdizionale.
Quale sia poi il significato esatto e concreto da attribuirsi all’inciso in questione rimane indubbiamente un autentico mistero, ma potrebbe sostenersi funditus la necessità di un’interpretazione restrittiva, per cui sarebbero da considerarsi “connesse all’attività giurisdizionale” (dal latino iurisdictio, a sua volta derivato da ius dicere) soltanto quelle attività materialmente prodromiche all’instaurazione di un giudizio (si pensi alla “mediazione obbligatoria”, tra l’altro recentemente abrogata dalla Corte costituzionale, all’informativa sulla mediazione facoltativa, o, ancora, a sistemi conciliativi imposti legislativamente per l’avvio della fase giudiziale; si pensi altresì all’acquisizione del mandato alle liti oppure all’informativa da fornirsi al cittadino circa i rischi di un giudizio) oppure tali da incidere su un processo già in corso (come, per esempio, l’assistenza del cliente nel raggiungimento, “fuori udienza” di una transazione tale da mettere fine ad un giudizio in corso).
La necessità di un’interpretazione restrittiva può trarsi dalle seguenti considerazioni:
- in primo luogo, occorre attribuire rilievo al passaggio dai precedenti testi in discussione in Parlamento (che preventivano un’esclusiva generalizzata) alla norma definitivamente approvata (che invece circoscrive l’operatività della “competenza”);
- in secondo luogo, occorre preservare un significato in capo alla presenza nella lettera della norma dell’inciso in questione, che, latamente interpretato, potrebbe risultare svuotato di ogni portata, ciò in tutta evidenza contrariamente all’intenzione del legislatore di circoscrivere la “competenza” prevista in capo agli avvocati;
- infine, interpretazioni estensive di tale disposizione potrebbero risultare costituzionalmente illegittime[13] e, comunque, suscettibili di censure alla luce della normativa, innanzitutto di origine comunitaria, sulla concorrenza, censure che, stanti i numerosi precedenti giurisprudenziali legittimanti l’attività stragiudiziale da parte di soggetti diversi dagli avvocati, potrebbero trovare avvallo anche nella giurisprudenza[14].
In definitiva:
- è indubbio che la norma in commento non sia in alcun modo tale da sancire chiaramente, in capo all’Avvocatura, l’esclusività relativamente a tutte le attività stragiudiziali;
- sicuramente sostenibile è l’interpretazione restrittiva degli effetti di questa disposizione, sicché il suo futuro, lungi dall’essere già scritto e dal risolversi per certo in favore dell’Avvocatura, sarà determinato dalle risposte che perverranno dalla giurisprudenza (verosimilmente tali da confermare le precedenti posizioni) e dalle autorità/istituzioni, nazionali e non, aventi competenza in materia di concorrenza;
- la sostenibilità dell’interpretazione restrittiva dovrebbe altresì legittimare – pur con tutte le cautele del caso e ferma restando l’incognita (pur parziale a fronte dai pronunciamenti già intervenuti in materia) costituita dai futuri orientamenti giurisprudenziali – la prosecuzione di attività di consulenza legale e stragiudiziale da parte dei soggetti già ritenuti dalla giurisprudenza di legittimità degni di svolgerle[15].
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